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Il nuovo CCNL: cosa cambia nelle relazioni sindacali

Il nuovo CCNL del comparto “funzioni locali” è ormai in vigore. Certamente la sua applicazione richiede un ripensamento riguardo la gestione delle relazioni con le organizzazioni sindacali. Ciò non perché vi sia uno stravolgimento rispetto ai modelli precedenti, ma in quanto, dopo 19 anni dalla prima definizione, è opportuno effettuare alcune considerazioni. L’art. 3 del contratto afferma che “il sistema delle relazioni sindacali è lo strumento per costruire relazioni stabili tra enti e soggetti sindacali”. Il fine delle relazioni, inoltre è il contemperamento del servizio pubblico con gli interessi dei lavoratori, il miglioramento della qualità delle decisioni da assumere, la crescita professionale, i processi di innovazione organizzativa.

Secondo il nuovo contratto i modelli relazionali sono i seguenti: a) la partecipazione; b) la contrattazione integrativa.

La partecipazione, a sua volta, si articola in “informazione”, “confronto”, “organismi paritetici di partecipazione”.

Come nel precedente modello, la prima forma di relazione è “l’informazione” che l’art. 4 descrive come trasmissione di dati e di elementi conoscitivi. È da evidenziare che, rispetto al 1999, tale forma di relazione interviene in un contesto nel quale sono ormai consolidate forme diverse di trasparenza e comunicazione. Tuttavia l’informazione non deve essere intesa come una forma di pubblicazione, ma nel senso della trasmissione diretta al soggetto interessato della questione che si vuole rendere nota. Lo stesso articolo prevede che questa sia fornita nei tempi, nei modi e nei contenuti che consentano una valutazione approfondita dell’eventuale impatto che le decisioni possano determinare. Il comma successivo evidenzia che l’informazione è la prima forma di relazione e il presupposto per ciascuna di esse. È infatti a seguito dell’informazione che può essere attivato il “confronto” previsto dall’art. 5.

Questa modalità di relazione è definita come “dialogo approfondito” finalizzato a “esprimere valutazioni esaustive” e a partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l’ente intende adottare. Il confronto può essere proposto dalla stessa amministrazione contestualmente all’invio dell’informazione o dai soggetti sindacali entro 5 giorni dalla ricezione della stessa. A conclusione del confronto, è prevista la redazione di una “sintesi dei lavori e delle posizioni emerse”. Evidentemente questo documento non è predisposto nella forma di un verbale in quanto non è richiesto l’incontro delle volontà delle parti, ma deve esplicitare le osservazioni emerse nel corso dei colloqui evidenziando quali aspetti siano ritenuti critici e quali interventi di modifica siano stati proposti, pur nella consapevolezza che non si tratta di posizioni vincolanti per l’amministrazione.

Il confronto assorbe le competenze originariamente assegnate alla concertazione che riguardano, in particolare, i “criteri” da utilizzare in ambito valutativo oltre alla articolazione delle tipologie degli orari di lavoro, l’individuazione di profili professionali, la verifica in ordine alla implementazione del fondo e il trasferimento di attività ad altri soggetti.

La contrattazione collettiva integrativa si articola in 23 diversi punti, ciascuno dei quali individua l’oggetto e l’ambito da trattare.

È da evidenziare che, così come nel precedente modello, con riferimento agli istituti premiali, l’oggetto della contrattazione riguarda esclusivamente i “criteri”. Ciò vuol dire che il tema della trattativa non deve riguardare le modalità operative con cui ripartire le risorse disponibili, attribuire i premi alla performance, definire le procedure per le progressioni economiche o le modalità per l’attribuzione di indennità per specifiche responsabilità, ma deve preoccuparsi di delineare i valori a cui fare riferimento nella successiva definizione delle metodologie. A tal fine è opportuno evidenziare la differenza sostanziale tra gli ambiti negoziali e quelli caratterizzati da autonomia organizzativa. Ferma restando l’opportunità che ogni intervento organizzativo rispetti il principio di informazione e sia l’esito di una possibile condivisione, questo per effetto della disposizione contenuta nell’art. 5, co. 2 del D. Lgs. 165/2001 deve essere assunto “in via esclusiva” dagli organi preposti alla gestione. Sia chiaro che non si tratta di una contrapposizione tra competenze soggette alla contrattazione e competenze affidate alla gestione. Si tratta invece di addivenire verso un modello funzionale che sappia conciliare la responsabilità di tipo organizzativo con la corretta esigenza di valorizzazione delle istanze dei lavoratori. Mi si consenta di affermare che dalla lettura dei diversi documenti prodotti dalle pubbliche amministrazioni si riscontra una propensione al tecnicismo e una conseguente particolare attenzione nella produzione di metodologie, anche minuziose e persino inefficaci, piuttosto che nella definizione di criteri a cui ispirare le attività di valutazione e quelle premiali. Questa nuova fase contrattuale ci permette di colmare una lacuna individuando quali sono i valori da condividere all’interno di un contesto, verso i quali orientare le politiche premiali. Le direttrici che si possono utilizzare possono essere diverse. Se si prende come riferimento l’esito dell’azione amministrativa si potrà puntare al conseguimento di specifici risultati, avendo però cura che siano stati preventivamente assegnati e il cui esito possa essere facilmente rilevato; se si prende come riferimento il contesto si potrà riconoscere valore alla cooperazione e all’integrazione organizzativa, avendo sempre cura che ciò possa essere oggettivamente rilevato; se si vorrà riconoscere l’importanza allo sviluppo professionale si potrà valorizzare la partecipazione a processi innovativi o di aggiornamento; se si riterrà di orientare l’amministrazione verso il rapporto con il cittadino, si potranno attivare meccanismi orientati all’acquisizione del grado di soddisfacimento.

I criteri a cui si vuol fare riferimento possono essere diversi, è opportuno, però, che siano definiti all’interno dell’ente (e non copiati da altri modelli) attraverso sistemi di “consapevolezza condivisa” che hanno lo scopo di mettere al centro i valori dell’amministrazione a vantaggio della sua funzionalità complessiva.

Santo Fabiano

 

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